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      Ma questi erano di fabbrica paesana; accidenti in chiave di casa. Altri dovevo sentirne lassù, nel quartierino, dov'erano gli amici in molta libertà, più che in maniche di camicia, quando giunsi in mezzo a loro ed annunziai una visita, e di un deputato per giunta. Ma riconobbero il Regnoli, un amico, quasi un concittadino, e la mia imprudenza fu subito perdonata.
      Gli amici avevano fatto un po' di baldoria; erano riusciti a rifarsi del cavol rapa. Fumavano, allora, avendo trovato non so più come una buetta di tabacco; ma poc'anzi avevano cenato, facendo perfino la minestra, gli epuloni! La zuppiera si vedeva ancora sul desco, ma vuota. Han sempre torto, gli assentì,
      - Ma non avete dunque anima? - gridai.
      - Chi se lo immaginava? - risposero. - Tu eri in gaudeamus, al quartier generale. -
      Avevano ragione a rider di me. La burla era feroce: la mandai giù per tutta cena. E così finì il primo giorno del mese di novembre.
      Il giorno due fu di calma per il corpo, d'ansietà per lo spirito. Che cosa si farà ora? che cosa non si farà? Chi ne diceva una e chi un'altra. Si pensava ancora a tutti quelli che avevano ripresa la via del confine, quali per la bandiera che non era rossa, quali per il proclama reale che ci metteva al bando, o giù di lì, ma i più perchè avevano fiutata la impossibilità del vincere e non gradivano la prospettiva di marce e contromarce, di stenti e di privazioni, in una guerra di bande. Quanto a noi, conchiudevamo filosoficamente tutti i nostri almanacchi: ci penserà il Generale; noi altri obbediremo, come si è fatto finora.


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Con Garibaldi alle porte di Roma
1867 - Ricordi e note
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1895 pagine 159

   





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