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      Abbiamo fatto a mala pena un centinaio di passi, e vediamo accorrere verso di noi un biroccino, e sul biroccino una donna. Allarghiamo le file per lasciarla passare. È rossa in volto, ha negli occhi il terrore; e passa, gittandoci una frase:
      - Ce so' lì papalini, ce so'! -
      - Ah, davvero? - Il maggiore si volta a me, per darmi un'occhiata; e l'occhiata significa: - che cosa ti dicevo io?
      Ancora un centinaio di passi, e sentiamo una fucilata. Sì dubita di aver male inteso; ed eccone una seconda, che conferma la prima. I fiancheggiatori, sulla nostra diritta, hanno dunque incontrato il nemico? O il nemico ha tirato su Garibaldi, che cavalca sempre alla testa delle sue avanguardie? Affrettiamo il passo, ci mettiamo alla corsa. Ad una svolta della strada vediamo Garibaldi e il suo stato maggiore che salgono una collina, afferrando il colmo, dov'è la casa di Vigna Santucci. Noi, genovesi e milanesi, guidati dal Guerzoni che accorre con ordini del Generale, coroniamo un'eminenza a sinistra, facendo fronte ad un'altra, donde ci viene la fucilata, e che riusciamo ad occupare, ma senza poterla tenere lungamente, tanta è la forza che abbiamo di contro. Ci vien fatto nondimeno di sostenerci saldamente due ore sulla collina primamente occupata, stendendoci anche a coprire la Vigna Santucci; opponendo scarsi fuochi ma risoluti alla fitta grandinata onde ci bersaglia il nemico. Ma lassù, tra Vigna Santucci e Romitorio (questo nome mi è rimasto nella mente accompagnato all'immagine della eminenza sulla nostra diritta) non siamo che tre battaglioni distesi in catena.


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Con Garibaldi alle porte di Roma
1867 - Ricordi e note
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1895 pagine 159

   





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