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      Intesi allora anche meglio la forza di un ragionamento del mio amico Stefano Canzio. "Per chi vuol farsi ammazzare, Generale? per chi?" Del resto, chi sa? forse è bene che le cose andassero allora così. Ci vuol filosofia, nelle cose del mondo: la filosofia insegna a sopportare molte noie; e si sopportano più facilmente le cose che non è dato cangiare.
     
      Durum; sed levius fit patientiaQuidquid corrigere est nefas.
     
      Ah, ecco da capo Orazio? Ma sì, lettori umanissimi; e Orazio dovrebbe annunciarci vicino il Pietramellara. Il mio buon Ludovico era là, padrone della strada ferrata, facendo da capostazione. Mi vide, mi abbracciò, senza tanti discorsi mi condusse al marciapiede d'asfalto, e mi ficcò in un compartimento di prima classe, dove c'era già un ufficiale inferraiolato, in atteggiamento di riposo. Credetti che l'amico mi mettesse là dentro al caldo, perchè schiacciassi un sonnellino; ma no, faceva dell'altro, l'amico. Dopo due o tre minuti spesi a dar ordini, venne ancora a salutarmi, a darmi il buon viaggio; chiuse egli stesso lo sportello, accostò un fischietto alle labbra e ne cavò un suono acuto; la macchina rispose sbuffando, il treno si mosse crocchiando, e volò via in direzione di Terni. Com'era andata? Evidentemente, ero capitato là nel momento buono. Ad ogni modo, quella partenza improvvisata mi parve un prodigio; ed oggi ancora, quando ci penso, mi par di sognare.
      Il mio compagno di viaggio, che riconobbi tosto al fioco lume della lampada, era Augusto Tironi, veneziano.


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Con Garibaldi alle porte di Roma
1867 - Ricordi e note
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1895 pagine 159

   





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