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      Dico in questo momento ai lettori assai più che io non dicessi allora a me stesso; raccolgo qui, per amore di brevità, obiezioni e ragionamenti fatti a più riprese, tutte le volte che la leggenda del prato del Diavolo mi ritornò alla memoria. Perchè infatti io ci pensai molte volte, dopo quel giorno, e sempre con un pochettino di stizza, non sapendo capacitarmi del come e del perchè messer Lucifero facesse la sua festa nuziale in una certa notte dell'anno, su quel prato dov'egli aveva fatta l'impresa sciocca di falciare in un'ora per venti o trenta carra di fieno.
      Avevo sempre un vivo desiderio di penetrare l'arcano, di trovare la connessione, che pur ci doveva essere, tra i due pezzi della leggenda diabolica; e ci giravo intorno, come il Belzoni alla sua piramide, di cui non vedeva e pur voleva rintracciare l'ingresso. Finalmente il codice di frate Eusebio mi diede la chiave del mistero.
      Chi era questo frate Eusebio? un povero francescano, che era stato priore, o guardiano, od abate che vogliam dire, nel convento dei Francescani di Cairo, nello scorcio del secolo decimo sesto. Il convento è oggi distrutto, e non ne avanzano che rovine. Le carte di quei frati sono disperse, come i loro libri, fin dagli ultimi anni del secolo scorso; ma il codice di frate Eusebio è venuto fortunatamente tra le mani di un mio carissimo amico, l'avvocato Giuseppe Scapaccini, a cui rendo qui pubbliche grazie, per avermi accennato il suo codice, e concesso di spigolarci dentro tutto ciò che mi tornasse più utile.


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Il prato maledetto
Storia del X secolo
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1909 pagine 213

   





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