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      Agli uni e agli altri sa assestare una buona legnata, e nel dubbio che non basti, v'aggiunge il segno della santa croce. -
      Come vedete, Marbaudo era ritenuto un diavolo, ma un diavolo di buon'indole, un diavolo buon cristiano, poichè sapeva all'occorrenza fare il segno della croce, che metteva in fuga i lupi mannàri. Del resto, già fin di allora si dava del diavolo per celia, e s'intendeva di dire un brav'uomo, capace di cavarsi da ogni passo difficile. E così, quando si diceva il diavolo di Biestro, il diavolo degli Arimanni, s'intendeva sempre Marbaudo che abitava agli Arimanni, e che veniva da Biestro.
      La celia faceva sorridere il giovanotto, che ben sapeva, senza essere vano, di non somigliar punto, neanche lontanamente, a quella brutta figura antipatica che la leggenda ha regalata allo spirito delle tenebre. In due cose soltanto era un po' diavolo: nell'andar molto in giro di notte, del che sappiamo oramai la cagione, e nel vederci molto bene di notte, cosa che può essere conseguenza naturale dell'altra. Infatti, è noto che un senso si aguzza e si perfeziona quanto più accade di esercitarlo.
      Getruda, adunque, per cui Marbaudo faceva tutte quelle fatiche invernali, Getruda vedeva abbastanza di buon occhio Marbaudo. Per altro, non andava niente più in là; e questo intenderete facilmente, ora che conoscete il carattere, le inclinazioni e i sogni della bella figliuola di Dodone.
      - Getruda, - le aveva detto un giorno Marbaudo, trovandola sola sull'uscio della casa paterna, - vuoi che ti parli col cuore in mano?


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Il prato maledetto
Storia del X secolo
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1909 pagine 213

   





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