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      Da principio, la bella Getruda lo vedeva abbastanza volentieri; certamente pareva anteporlo a tutti gli altri vagheggini della vallata. Poi, tutto ad un tratto, gli si era voltata contro, gli si era mostrata fredda, e quel giorno, poi, aveva finito con dirgli un no tanto fatto.
      E questo mutamento nell'animo della fanciulla si combinava con lo spesseggiar delle visite del castellano al podere di Croceferrea. Ma quali speranze nutriva in cuore la figlia di Dodone? Quali disegni aveva formati nella sua testa bizzarra? Siamo tutti così alieni dal trovare le male ragioni negli atti di una fanciulla, vissuta sempre sotto gli occhi dei parenti, nel santuario delle domestiche pareti, che a Marbaudo non balenò niente della verità dolorosa.
      Egli, del resto, come ha veduto il lettore, aveva dai sermoni di chiesa qualche infarinatura di storia sacra; ma non sapeva nulla di storia profana; il caso di Fredegonda era lontano dalla sua mente; anzi, egli ignorava affatto che una Fredegonda fosse esistita, quattrocent'anni addietro, e potesse dare esempio di malvagia ambizione ad altre figliuole d'Eva, facili tutte, come l'antica madre, ad ascoltare il serpente.
      Quel medesimo giorno il vecchio Dodone faceva una intemerata alla sua cara figliuola. Getruda lo lasciò dire fino a tanto non si fu bene sfogato; poi gli rispose, con la sua audacia tranquilla:
      - Perchè vuoi rompermi il collo? perchè vuoi darmi in moglie al primo che capita? ti peso forse, in casa? -
      Al vecchio prudevano le mani; e in ogni altra occasione non si sarebbe trattenuto dal cresimare la figliuola, senza aiuto di vescovo.


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Il prato maledetto
Storia del X secolo
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1909 pagine 213

   





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