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      Per far legna nei boschi, per trarre a galla i tronchi di faggio che marcivano nel fondo dei fiumi o dei pantani, per prendere i pesciolini dei borri solitarii, per ogni cosa insomma, che al padrone importasse meno, o di cui ignorasse perfino l'esistenza, dovevano pagare una taglia, un tributo.
      Tenuti a lavorare per il padrone finchè luceva il sole, dal San Michele al San Martino, avevano il magro conforto di un poetico nome: figli del sole!
      E uomini della luna si dicevano quelli che erano tenuti a tal prestazione di servizi ad ogni luna novella.
      Inoltre, ogni circostanza della vita era argomento e materia di tributo, di taglia. Prendeva moglie il padrone, o qualcheduno dei suoi? Dovevate pagare. In quella vece, vi disponevate a prenderla voi? Dovevate ottenerne il permesso, e quel permesso bisognava ancora comprarlo.
      Questa intromissione della volontà padronale nei matrimonii dei servi e dei censuarii diede origine in parecchi feudi ad una vergognosa pretensione, di cui mi dispensa dal parlare la cognizione che tutti ne hanno. Anche troppa, mio Dio! specie dopo tanta erudizione d'operette.
      Spesso al gravoso e al terribile degli obblighi si aggiungeva il ridicolo. In qualche luogo i villani erano obbligati a batter l'acqua nei fossi del castello, fino a tanto che la dama fosse nelle doglie del parto, affinchè le rane non disturbassero col loro canto monotono i suoi delicatissimi nervi. Ed anche senza una ragione come questa, erano obbligati a tal servizio per qualche abate che non poteva soffrire la voce di quegli innocenti batracii.


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Il prato maledetto
Storia del X secolo
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1909 pagine 213

   





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