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      Sicuramente, a quella bestemmia, voi celaste il bel viso tra le grandi ali del cigno. Ma un altro, in quel punto, battè allegramente le sue di pipistrello.
      Il banditore Scarrone non udì nulla, egli che non era angelo, nè diavolo; e salutati quei due, che avevano così poca voglia di discorrere, tirò innanzi glorioso con la sua piccola masnada.
      - Perdiana! - diss'egli, come fu venti passi più avanti. - È davvero un fior di ragazza. Chi di voi altri, figliuoli, si sente di falciare il prato?
      Io, sicuramente; - rispose lo scherano più vicino.
      - Ed io, perbacco! - aggiunse un secondo.
      - Diciamo pure che ci proveremo tutti quanti; - gridò un terzo, ridendo; - se a tutti il castellano Rainerio darà libertà per quel giorno, come ce l'ha promessa stamane.
      - Ah! si! - mormorò il banditore. - Il nostro castellano vede assai di buon occhio Dodone, e vuol procurargli un genero di gusto. -
      Marbaudo, frattanto.... Dov'era, Marbaudo Il povero giovanotto, quella mattina, aveva veduto Getruda, ma non si era avvicinato a lei, che non si degnava di rivolgergli uno sguardo, nell'entrare in chiesa, come altre volte faceva. Contentandosi dunque del saluto di Dodone, il nostro innamorato si era messo dalla banda degli uomini, adocchiando la ragazza da lungi; e ancora una volta, finito l'ufizio solenne, che alcuni incominciavano a chiamare la messa, ed altri seguitavano a chiamare la colletta, l'oblazione, il mistero divino, aveva cercato inutilmente lo sguardo di lei, mentre esciva sul sagrato. Poi aveva veduto il banditore, con la sua masnada; e si era fermato a sentire; e la lettura dell'editto comitale lo aveva fatto tremare e fremere di sdegno, parendogli grave offesa, non pure all'amor suo, ma alla dignità di Getruda, quello strombazzare in piazza il nome di lei.


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Il prato maledetto
Storia del X secolo
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1909 pagine 213

   





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