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      È sempre cosa spiacevole udir nominare in pubblico luogo la donna che si ama. Chi proferisce quel nome ha sempre l'aria di profanarlo. E quella, per Marbaudo, era una profanazione in cui egli sentiva la mano del castellano Rainerio. Tutti, frattanto, mentre il banditore leggeva, tutti si voltavano a guardare Marbaudo; e Marbaudo avrebbe voluto, in quel punto, essere due spanne sotterra.
      Rimase immobile, con la fronte abbassata, fin tanto che il banditore non ebbe terminata la sua lettura. E però non vide Getruda e Dodone che si allontanavano solleciti, a mala pena conobbero di che si trattasse in quella pagina comitale. Come il banditore ebbe finito di leggere, ed anche di commentare il suo testo, qualcheduno si avvicinò a Marbaudo, per dirgli:
      - Eccoti una bella occasione, giovanotto!
      - Occasione! di che? - domandò egli confuso.
      - Di farti onore, perbacco! Non sei tu che l'hai falciato l'anno scorso, il fieno di San Donato?
      - Ebbene, che significa ciò?
      - Significa che tu sai meglio d'ogni altro quante giornate ci vogliono, e questo è già un buon punto guadagnato per te.
      - L'anno scorso, - disse Marbaudo, - ci ho speso otto giorni.
      - E non sarai stato con le mani in mano; - soggiunse quell'altro. - Tu sei uno di quelli che parlano poco, quando sono sul lavoro, e non si perdono a veder saltare i grilli.
      - Già! - mormorò Marbaudo, tentennando la testa.
      Così lasciò cadere il discorso, e gl'importuni lasciarono libero lui di pensare a sua posta.
      Pensò, non dubitate, pensò lungamente; assai più che non usasse parlare, rispondendo ai compagni.


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Il prato maledetto
Storia del X secolo
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1909 pagine 213

   





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