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      Che follia era mai saltata in capo al conte Anselmo? Perchè si occupava il signore, che viveva in Acqui, di dar marito a Getruda, di cui fino alla vigilia di quel giorno non aveva forse neanche conosciuta l'esistenza? Sicuramente, c'era sotto una cattiveria del castellano Rainerio. Questi sapeva bene che un anno prima il fieno di San Donato lo aveva falciato Marbaudo. Sapeva ancora che Marbaudo era invaghito della bianca Getruda, e che il vecchio Dodone l'avrebbe data in moglie a lui più volentieri che ad un altro.
      Dunque?... Dunque, non essendo egli nelle grazie di Rainerio, e non potendo credere che la prova della falciatura fosse ordinata per fargli piacere, Marbaudo doveva conchiudere che quella prova era stata ordinata per nuocergli. Ma in che modo? Questo non gli era facile intendere, e non lo intese, per fantasticar che facesse sul tema.
      Andava frattanto verso la casa degli Arimanni, e perciò costeggiando la lunga distesa del prato famoso. I contadini che lo vedevano passeggiar lento sul confine del vasto maggese, poterono pensare ch'egli già facesse i suoi conti sulle giornate di lavoro, che sarebbero occorse per vincer la gara. Egli, in quella vece, andava dicendo tra sè:
      - Ecco la legge del conte! Io amo una donna, e questa donna ama me; il conte si frappone, con la prova della falce, e un altro vince la prova; e ciò che Iddio aveva ispirato nel cuor mio e nel cuore di quella donna, non vale, dev'essere soffocato, in obbedienza alla legge del conte. Oppure, io amo una donna che non m'ama, e vinco la prova, e quella donna è mia, contro i voti del suo cuore.


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Il prato maledetto
Storia del X secolo
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1909 pagine 213

   





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