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      - Dalla bella figliuola di Dodone.
      - Ah, capisco; disse Ansperto. - Ed altri crederà ch'ella sia ammaliata da te, quella cara figliuola.
      - Così sia, - replicò quasi divotamente Rainerio. - Ne sono invaghito, e niente mi sarà più caro che di essere amato da lei.
      - Ecco una confessione che non accenna a nessun pentimento! - disse Ansperto, sforzandosi di sorridere. - Tu non pensi, figliuol mio, che hai promesso amore e fedeltà ad un'altra, e che....
      - Lo so, padre, lo so, e non è questo il pensiero che mi turba. L'amore non conosce questi argomenti, o non li cura.
      - Ah! uomini! uomini! - mormorò Ansperto, levando le palme al cielo. - Almeno queste cose non veniste a dirle ad un ministro del tempio!
      - È giusto, - riprese Rainerio, sospirando. Ma volevo dirti che questo amore e più forte di me. Del resto, io non volevo nuocere al buon nome di Getruda, nè all'utile di suo padre. Se il vecchio Dodone non si fosse ostinato nell'idea di darle per marito quel suo Marbaudo, io l'avrei collocata assai meglio, con qualcuno de' miei familiari, che un giorno o l'altro sarebbe potuto salire anche al grado di gastaldo, o di castellano, in qualche terra di questi dintorni; e ciò sarebbe stato assai meglio per lei e per la sua famiglia, che il darla in moglie ad un semplice aldione. Ma il vecchio non ha voluto, ed io ho dovuto metter mano agli spedienti.
      - Ah, sì! - disse Ansperto. - La gara dei falciatori. E son io che te ne ho suggerita l'idea senza volerlo. Ma non potrebbe anche vincerla Marbaudo, la gara?


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Il prato maledetto
Storia del X secolo
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1909 pagine 213

   





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