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      - No, se togli la millanteria di falciare il prato in un giorno, dall'alba al tramonto. Parlò franco, dopo avermi dato il suo nome di Legio.... un nome breve, come vedi, e facile a dirsi.... Parlò franco e spedito, come uno che ha girata la sua parte di mondo; ma infine, non disse nulla che potesse farlo credere più savio di un altro. E sono sciocco io, - soggiunse il castellano, - a mettermi in testa certe idee. Se è il diavolo, vedremo le corna, e faremo il segno della santa croce; non è vero? Se è un matto, come tu pensi, e come incomincio a crederlo anch'io, lo vedremo fallire alla prova.
      - Alla prova si scortica l'asino; - conchiuse Ansperto, facendo bocca da ridere. - Oh, dunque, sia lodato il cielo, tu sei persuaso dì questo. Cosi potess'io persuaderti dell'altro! Ma confidando nell'aiuto del Signore; - aggiunse sospirando il canonico. - Almeno sii giusto, o Rainerio, e se quel povero ragazzo degli Arimani lavora come ha promesso, mostrando di poter vincere i suoi competitori, tu non negare a Marbaudo ciò ch'egli avrà guadagnato. -
      Rainerio non istette più oltre a sentire la predica; se ne andò, non credendo più al diavolo, ma avendone, vi so dir io, uno per occhio.
      In materia d'occhi, debbo soggiungere che Ansperto non potè quella sera chiudere i suoi, come faceva di solito, per il gusto di schiacciare un sonnellino, prima di recitare il resto delle sue ore.
      - In un giorno! - andava borbottando egli. - In un giorno! Ma quello è un matto, senz'altro. E il castellano voleva che fosse.


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Il prato maledetto
Storia del X secolo
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1909 pagine 213

   





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