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      - balbettò il canonico.
      - Sicuramente. Il principale ha fatto il corpo, e poi ci ha soffiato su per dargli l'anima; quell'anima tanto carina, nella sua primitiva innocenza. Ma poi ci ho soffiato io, e l'innocenza è svanita, sottentrando la scienza del bene e del male, e del distinguere tra questo e quello. Distingue frequenter! La logica, a buon conto, è un'opera mia. Avverti che so distinguere tra creatura e creatura Non scelgo, per esempio, i canonici. Amo e cerco le belle donnine, io, vere e proprie aiutanti della mia potestà, e capaci di far loro con una semplice occhiata quello che io non sarei buono ad ottenere con dieci anni di tentazioni. Voi altri, canonici, quando siete così atticciati e bofficioni, mi servite, non lo nego, mi servite a quel Dio, per far scoppiettare più allegramente il mio buon focherello.
      - Empio! - gridò Ansperto, sentendosi correre un brivido tra carne e pelle.
      - Ahimè, padre, questo è il mio stato, e non posso mutarlo, - ripigliò il visitatore ciarliero. - Vedi un po' quello che mi è toccato, per un primo errore commesso!... Io, veramente, ho sempre sostenuto che è stata una ingiustizia, quella parzialità per Michele. Ma lasciamola lì; non è questione da trattarsi ora con te.
      - Meno male! - mormorò il canonico, che ripigliava il fiato per davvero, incominciando ad agguerrirsi con la familiarità del suo ospite. - Veniamo al fatto: che vuoi tu ora da me?
      - Nulla; son venuto per ringraziarti. È un ufficio di cortesia, e a questi uffici non son venuto mai meno.


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Il prato maledetto
Storia del X secolo
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1909 pagine 213

   





Dio Ansperto Michele