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      Il conte aveva un bel dire che egli non cedeva all'invito di simili amori, volendo essere amato per sè stesso, e non per lo splendore della sua condizione. In fondo, siamo un po' tutti amati per qualche cosa, che ci rende, o ci fa parere superiori alla piccola schiera di uomini che s'aggirano intorno ad una donna, e rappresentano agli occhi suoi tutto il mondo conosciuto.
      L'essenziale è di sapere qual sorte di superiorità colpisca meglio la fantasia d'una donna; ma si può credere, fatte le poche eccezioni, che la superiorità della potenza e della ricchezza sia sempre la più efficace, poichè le altre non la valgono, ed essa basta a dar l'apparenza di tutte.
      Qualcheduno vorrebbe mettere la bellezza alla pari con la potenza, ignorando che alla donna basta di posseder lei quel pregio, e che anzi, per questo rispetto, ella non soffre rivalità, neanche nell'idillio.
      Aspetto piacente val perfezione di forma; e se ad un aspetto piacente s'aggiunge l'aureola della potenza, e della ricchezza che serve a conquistarla, poco importa il rimanente. Sia pure uno sciocco, il potente; di cento che l'ascoltano, i novanta lo stanno a sentire come un oracolo; nove non ardiscono, e uno non cura di dirgli che è un falso oracolo. Tirate le somme: son cento uomini che gli lasciano passare tranquillamente ogni cosa. E figuratevi poi le donne, se quell'oracolo d'uomo non ha occhi che per loro!
      Il conte Anselmo non era solo un potente; era il più potente, anzi l'unico, nel giro di ottanta miglia: ciò che per Getruda poteva essere il sommo di ogni ambizione.


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Il prato maledetto
Storia del X secolo
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1909 pagine 213

   





Anselmo Getruda