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      Voleva far guadagnar un po' di tempo agli scherani, che proprio allora dovevano lavorare in comune.
      Ma in quel punto, da quel medesimo sentiero ch'egli avrebbe dovuto percorrere seguendo l'invito degli scabini, Rainerio vide venire a passo lento, e dondolandosi sulla persona, un coso lungo e smilzo, con una capperella gittata alla scapestrata sull'omero, e la berretta a sghimbescio sul capo, sormontata da due penne di gallo.
      Zufolava, il nuovo personaggio; e quello zufolo acuto e monotono diede sui nervi al castellano Rainerio, che subito riconobbe il falciatore di cui non aspettava già più la venuta.
      Bisognava fare buon viso alla mala ventura.
      E il castellano corrugò le ciglia, ingrossò anche la voce, per dire al nuovo arrivato:
      - Ah, sei qua, tu?
      - Son qua, io; - rispose Legio, beffardo.
      - Non sei buon levatore; - soggiunse Rainerio.
      - Che! - replicò quell'altro. - Figùrati che dormo appena da un occhio. Ma questa mattina ci ho avuto parecchie faccende da sbrigare. E di queste, sebbene m'abbiano condotto un po' per le lunghe, non sono affatto scontento.
      - Questa, per altro, ti va male; - ripigliò il castellano. - Venuto così tardi, non puoi essere ammesso alla gara.
      - Chi lo dice?
      - Io, e gli scabini che mi assistono.
      - Sentiremo anche l'opinione degli scabini; - disse Legio. - Ma si può sapere perchè non avrei più il diritto di entrare in gara, dopo aver fatto iscrivere il mio nome?
      - Perchè la gara incominciava ad una stessa ora per tutti. Questo era il patto; e ai patti....
      - Lo so, - interruppe Legio; - lo so; ai patti ci sta anche il diavolo.


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Il prato maledetto
Storia del X secolo
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1909 pagine 213

   





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