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      Ma io non intendo di mutarli; io intendo di mettermi a lavoro, mentre gli altri lavorano, e voglio che mi si computi la mia giornata come se l'avessi incominciata con gli altri. Trattandosi di una gara a far presto, il ritardo dell'arrivo è tutto a mio danno. Io non mi lagno neanche di certo modo di lavorare che ho veduto dianzi.... Debbo io dir tutto?
      - Entra in gara come vuoi, - disse Rainerio, confuso. - Se gli scabini permettono, io non dico di no.
      - Permetteranno, vedrai, permetteranno. Non è egli vero, clarissimi viri? Voi dovete intendere che chi tardi arriva male alloggia. Trovo già molto lavoro fatto; gareggio in cattive condizioni....
      - E perderai, - dissero gli scabini.
      - Questo ho da vedermelo io.
      - E neanche hai la falce. Che vuoi tu mietere?
      - Con questo, - disse Legio. - Non è forse un ferro di falce? -
      Così dicendo, traeva di sotto alla cappa il suo ferro di falce, niente dissimile da quello degli altri falciatori.
      - Sta bene, - dissero gli scabini. - Ma senza il manico?
      - Ah, il manico!... è vero, non l'ho portato. Ma il manico è là.
      - Dove?
      - Là, sulla riva del fiume. Me lo daranno quei salci.
      - E perderai un'altra ora a scegliere il tronco adatto, a tagliarlo, a rimondarlo....
      - Che farei? - interruppe Legio, stringendosi nelle spalle. - Sceglierò, taglierò, rimonderò, adatterò, lavorerò, raggiungerò.... E se anche non raggiungerò gli altri, perderò. Non sarà la prima volta, nè l'ultima.
      - Dio voglia! - mormorò il castellano Rainerio, che per la prima volta, e senza avvedersene, si rivolgeva per soccorso a così alta autorità.


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Il prato maledetto
Storia del X secolo
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1909 pagine 213

   





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