Pagina (158/213)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Legio dette una guardata di traverso al castellano Rainerio, e sogghignando gli passò davanti, per andarsene verso la riva del fiume. Nè volle affrettare il passo; tenne, quella andatura trascurata che già conosciamo, dondolandosi sui fianchi, come un uomo che ha tempo e non vuole riscaldarsi il sangue per le faccende sue, nè per quelle degli altri. Era quella una canzonatura che Legio dava al castellano; e Rainerio la intese benissimo. Ma a quel personaggio non si poteva farla pagare, come ad ogni altro che avesse osato anche meno di lui; e il castellano trangugiò la sua rabbia.
      Giunto sulla riva del fiume, Legio andò ancora un tratto, col naso in aria, guardando i salci e gli ontàni della riva.
      Finalmente ritrovò il fatto suo in un bel tronco di salcio, lungo e diritto come una lancia, e lo tagliò con quattro colpi di un pennato, che portava alla cintola; quindi, svettatolo e levatine d'un colpo netto i ramoscelli minori, si pose il tronco sotto il braccio, per ritornarsene verso la chiesuola.
      Così rifacendo lemme lemme il cammino, seguitava a rimondare il tronco, a scortecciarlo, a levarne i nodi, per adattarlo poi alla staffa della sua falce.
      Quando giunse davanti a Rainerio, il suo lavoro era quasi finito.
      - Ecco qua, - diss'egli, volgendosi agli scabini, - un bel manico di falce.
      - Legno troppo fresco! - osservò uno di loro. - Ti si piegherà tra le mani.
      - Eh, ci vorrà pazienza; - rispose Legio. - Non si può mica aver tutto.
      - Ed anche è troppo lungo; - notò l'altro scabino. - Dovete lavorar tutti con falci della medesima lunghezza.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Il prato maledetto
Storia del X secolo
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1909 pagine 213

   





Rainerio Legio Rainerio Legio Rainerio Legio