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      Gli scabini precedettero. Rainerio voleva seguire; ma, fosse allucinazione o realtà, gli parve che la punta della falcie di Legio si allungasse un po' troppo verso di lui, con una voglia evidentissima di accarezzargli il collo. Perciò si trasse indietro, e lasciò che andassero gli altri ad assegnare il posto al falciatore importuno.
      Infine, se ancora ci fosse stata speranza di vincere, il meglio era di andare più oltre, a vedere i suoi scherani, per confortarli a raddoppiare i loro sforzi. Ma a qual pro', se il nuovo falciatore era un personaggio investito di un magico potere e per conseguenza assistito dal diavolo? Che fosse il diavolo in persona gli era passato per il capo; ma aveva anche discacciato il pensiero. Con qual ragione lo spirito delle tenebre si sarebbe posto in gara egli stesso? Partecipava egli forse alle passioni e alle altre debolezze degli uomini? Era più naturale il pensare che per virtù di scongiuri una creatura mortale avesse ottenuto il patrocinio del maligno.
      E un'altra cosa avrebbe creduta volentieri il castellano Rainerio; che quanto gli accadeva da parecchi dì non fosse altro che il brutto sogno di una cattiva notte. Ah, come si sarebbe volentieri destato, per ridere dei suoi terrori d'allora!
      Ma intanto, sotto il peso di quei terrori, il fosco castellano, sbigottito, perduto dell'animo, andò a sedersi sul muricciuolo che chiudeva il sagrato della chiesa, e stette là, inerte, aspettando.
      Ritornarono gli scabini, e uno di loro gli disse:
      - Strano uomo, quel Legio!


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Il prato maledetto
Storia del X secolo
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1909 pagine 213

   





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