Pagina (165/213)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

     
      Ogni colpo di quella falce, menata a tondo, da un lato all'altro del maggese, abbatteva tanto fieno quanto avrebbero potuto trasportarne due coppie di buoi.
      Che prodigio era quello?
      Per una volta tanto, Marbaudo restò immobile, guardando lo strano falciatore, e credendo di essere in preda ad un'allucinazione dalla sua stessa paura.
      Ma no; egli vedeva pur bene, e non lo tradivano i sensi; tra lui e quell'altro si diradava a mano a mano il maggese, e Marbaudo incominciava a scorgere, attraverso poche bracciate di steli, tutto il gran prato falciato, fino alla riva del fiume. E la falce lunga, e il gran manico crescente, giunto oramai alla misura di una lancia gigantesca, andavano attorno radendo il verde tappeto.
      Marbaudo allora si lasciò cadere di pugno la sua falce, non più istrumento d'uomini, ma trastullo da bambini, a petto di quell'altra, e vide ad un tratto le sue speranze perdute. Iddio, che aveva invocato, lo abbandonava; l'inferno era congiurato contro di lui.
      Com'egli ebbe lasciato cader la sua falce, anche quell'altro si fermò.
      - Non temere, - disse il falciatore misterioso a Marbaudo, - non temere che io venga a tagliarti l'erba sotto i piedi. Sono un buon diavolo, io, e voglio lasciarne anche un pochino per te. Mi volterò invece contro quegli altri, che ti stanno alla destra. -
      Marbaudo si voltò macchinalmente al suo vicino di destra. Era il Matto, come sapete. E il Matto era rimasto immobile, bianco, smorto nel viso, come una statua di sale. La gran falce raggiunse presto anche lui, ma si fermò davanti a' suoi piedi; poi seguitò, andando oltre; e recidendo a furia il maggese, scoperse i due scherani, che lavoravano l'uno a fianco dell'altro.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Il prato maledetto
Storia del X secolo
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1909 pagine 213

   





Marbaudo Marbaudo Marbaudo Matto Matto Iddio