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      Bene avrebbe potuto chiederla agli astanti, che conosceva tutti per nome; ma in quel punto gli si affacciò alla mente il timore di una disgrazia, avvenuta in casa sua. E non istette a pigliar lingua; si scosse, diè un urlo, agitò la lunga capigliatura scarmigliata, e con rapido moto si volse alla soglia.
      - Che si fa? - domandò qualcheduno. - Sarà bene seguirlo. -
      Marbaudo si muoveva, per andar egli; ma lo trattenne il canonico Ansperto.
      - Egli entra in casa sua; non disturbiamo il padrone; - diss'egli. - Vedremo tosto se gli bisognerà il nostro aiuto. -
      Si rimase alcuni istanti in silenzio, ansanti, con l'orecchio teso, aspettando.
      Tutto ad un tratto sì udì rumore di dentro, come di persone che lottassero; poi un grido acuto, e un colpo sordo di qualche cosa, o corpo umano, od arnese pesante che fosse stramazzato sul terreno; poi più nulla. Marbaudo non istette alle mosse.
      Ma egli era a mala pena davanti alla soglia, che si vide ricomparire Dodone.
      - Ebbene, che è? - domandò ansioso Marbaudo.
      Dodone guardò il giovane con occhi sbarrati, ma non rispose parola.
      - Tua figlia.... - riprese Marbaudo, atterrito. - Che è di tua figlia?
      - Figlia! - mormorò il vecchio ripetendo la parola, ma senza intendere il senso della domanda. - Che figlia? di chi?
      - Getruda, la figlia tua, la tua diletta Getruda. Non sei tu entrato or ora, per cercare tua figlia? E l'hai veduta, perchè essa è in casa, non è vero?
      - Vero! che cosa è il vero? - disse Dodone, tentando di aggrapparsi all'ultima parola del suo interlocutore.


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Il prato maledetto
Storia del X secolo
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1909 pagine 213

   





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