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      - Lascia ora che entriamo nella tua casa.
      - Per che fare? - domandò il vecchio, stupito. - Tutti volete entrare nella casa di Dodone! Ora, vi permetterà il castellano, l'amante di mia figlia? Venga egli, e vedrà come ella lo tradisse già, prima di appartenergli. Il conte ha fatta la legge; la figlia deve appartenere a chi ha vinta la gara dei falciatori.... e chi ha vinta la gara? L'uomo dagli occhi di fiamma; l'ha vinta lui, l'ha presa lui la figlia, che non volle ascoltare suo padre!
      - Calmati, buon vecchio! Tu ed io, ricordalo, abbiamo oramai un piede nella fossa.... dobbiamo pensare a Dio, più che alle cose della terra; e perdonare le offese degli uomini, perchè Iddio si degni di perdonare le nostre. Lasciami entrare, o Dodone, e lascia che passi davanti a noi tutti la croce del Signore. -
     
     
      CAPITOLO XIX.
     
      Per che modo il diavolo lasciasse la casadella bianca Getruda.
     
      Così parlava Luitprando; e afferrata la croce che balenava nelle mani tremanti del chierico, entrò animoso nella casa di Dodone.
      - Sia benedetta la croce! - disse il vecchio aldione, inchinandosi. - È il segno della redenzione, è il conforto di chi soffre. Quando uno ha la sua croce, non teme più nulla; può morire sperando. Ma chi mi ha detto di sperare, poc'anzi? - soggiunse egli, cercando di collegare nella sua mente sconvolta i brandelli del pensiero che aveva dispersi la follia improvvisa. - Mio Dio! non so più. Ma dov'è Getruda, mia figlia, che io non la trovo? Chi di voi l'ha veduta? Io l'ho lasciata pur qua, prima di andare alla macchia dei pini!


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Il prato maledetto
Storia del X secolo
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1909 pagine 213

   





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