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      - Come! anche tu credi?...
      - Eh, messer conte, io sono un povero ignorante di cose sacre; ma quelli che sanno, dicono che la fine del mondo sarà annunziata da strani prodigi.
      - Orbene, disse il conte, sforzandosi di sorridere, - venga pure la fine del mondo. Il gran fatto non ci coglierà alla sprovveduta. Per intanto, non verremo più in questi luoghi maledetti. A cavallo. -
      E balzato in arcioni, spronò il suo morello, che mise un nitrito d'allegrezza, come se avesse capito il discorso del suo signore, e godesse di non aver più a far sosta su quel poggio, dove non era stato neppure lui senza fremiti di terrore.
      Triste, muto, non osando voltarsi più indietro, il conte Anselmo prese la via di San Donato.
      Quando fu alla discesa, donde non si poteva evitare la vista del prato su cui era stata fatta la gara, egli e i suoi militi maravigliarono, scorgendo il maggese falciato per modo che gli steli rimasti a giuste distanze più lunghi segnassero una sequela di cerchi concentrici.
      Uno solo aveva falciato a quel modo: e con qual falce smisurata, perdio! La maraviglia dei riguardanti si convertì nel più alto stupore, quando videro che il fieno abbattuto era già secco e giallo, come se fosse stato sette giorni al sole di luglio.
      - Che è ciò? - disse il conte in cuor suo. - Gli strani prodigi annunzieranno davvero la fine del mondo? -
      I militi avrebbero voluto parlare a lungo di quello spettacolo, essi che non sapevano nulla dell'accaduto.
      Ma il conte non rispose alle loro domande, e ben presto cessarono anch'essi i discorsi.


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Il prato maledetto
Storia del X secolo
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1909 pagine 213

   





Anselmo San Donato