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      Non so la paternità di questa frase, ma se la sapessi, domanderei a chi la disse per il primo, che cosa faceva Wagner di quello che toccava: forse dei tromboni? Ad ogni modo Mozart è un caro fanciullo gaio e sereno, ma niente più di questo. Alcuni, tra i quali un grande conoscitore di musica, Romain Rolland, vogliono trovare in lui una saggezza profonda. Ma io sarei più propenso a credere che, intessuta d'una più delicata e gentile sentimentalità tedesca, anche in Mozart sia la consueta leggera retorica settecentesca del mite Metastasio, e di tutti i suoi fratelli letterati, amanti dei grandi nomi eroici e degli intrecci da teatro di burattini.
      Beethoven fu il primo che rialzò la musica all'altezza della grande poesia; e potendo, anzi forse dovendo dire della grande arte, dico volentieri della poesia, pensando a Goethe, del quale Beethoven fu l'unico fratello, da alcuni creduto anche maggiore. Con Beethoven la musica potè aspirare ai più alti destini. Anche Bach, Händel, Palestrina, Orlando di Lasso, Monteverdi, etc., furono grandi; ma nessuno di loro è degno di esser messo tra i più alti spiriti intuitivi, la cui apparizione segna come una nuova tappa nel lungo cammino dell'umanità. Poichè con Beethoven per la prima volta la musica passa dal valore di arte decorativa, di arte di abbellimento, di «inclita arte a raddolcir la vita», al valore di arte intima, quasi direi di arte di coscienza, rispecchiante tutto un momento storico dello spirito umano in tutti i suoi meandri, in tutte le sue contradizioni, in tutte le sue aspirazioni più significative.


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Pietro Mascagni
di Giannotto Bastianelli
Ricciardi Napoli
1910 pagine 103

   





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