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      Del quale Otello, musicalmente non solo superiore al Macbeth, ma a quasi tutta l'opera verdiana, il Boito e il Verdi compierono una vera e propria traduzione ad uso dei vanagloriosi cantanti del barocco teatro melodrammatico; sicchè il disgraziato eroe orientale, nel testo inglese gentiluomo nobilissimo qual s'addiceva essere a un figlio della razza più squisitamente signorile che esista, la razza moresca, diventa nell'opera verdiana un villano tenore che non sa esprimere la propria ira che urlando come un ossesso. Non parlo poi di quello che diventa Iago, la creatura ambigua tortuosa oscura dell'immenso poeta del cinquecento.
      Ora, a dire il vero, io non so la quantità e la qualità delle letture con le quali è supponibile abbia adornato il proprio spirito il nostro Mascagni. So però con certezza che se esiste, la sua coltura è ben lontana dal raggiungere quel grado di ricchezza, armonia, solidità e signorilità, che permetteva al Wagner di emulare in questo i più grandi poeti e di permettersi il lusso di ricreare con tanto sapore storico e con tanta precisione di particolari scenici poetici e musicali l'ambiente della barocca e gentile Norimberga della metà del cinquecento. Se un nostro compositore tentasse di risuscitare, p. es., la Firenze del 400 o la Roma del 600 o la Venezia del 700, chissà a quali orribili gare di cattivo gusto e d'incredibile ignoranza ci toccherebbe ad assistere!
      Comunque, il caso offrì al Mascagni un ottimo libretto nella Cavalleria Rusticana dei sigg.


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Pietro Mascagni
di Giannotto Bastianelli
Ricciardi Napoli
1910 pagine 103

   





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