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      Chè, a dir vero, se il Mascagni avesse continuata l'opera con lo stesso tono con cui l'aveva incominciata nella sinfonia, le Maschere sarebbero riuscite una cosa assai bella. Questa sinfonia infatti vuol riprendere e riprende lo stile delle sinfonie rossiniane o mozartiane, o come più piaccia denominarle. Cosa in fondo non difficile a un musicista che molto ami la nostra musica antica. Però quello che dà una grazia simpatica a questa leggiadra sinfonia, è che i temi i contrappunti che servono a colmare il vecchio schema della sinfonia da opera buffa, son tutti profondamente mascagnani.
      Così è delizioso il modo con cui alla pomposità del cominciamento rossiniano succedono gli episodi melodici e contrappuntistici di contenuto affatto moderno. Bella particolarmente riesce nell'episodio a ottavi ribattuti – more rossiniano – l'armonia acidulamente moderna con cui il disegno s'inalza e s'abbassa. E dolcissimo è il cantabile che intercala per tre volte, una delle quali melanconicamente in minore, gli scherzosi movimenti a crome. Che però questa sinfonia fosse purtroppo più fatta per un gioco piacevole e ben riuscito, che per una profonda intenzione di ripristinare le forme classiche secondo un raffinato metodo il quale avrebbe dovuto del pari essere applicato a tutta l'opera, lo dimostra il fatto che il maestro non ha saputo andar più oltre della sinfonia, il resto dell'opera non essendo moderato dalla grazia dei modelli che hanno ispirato la sinfonia.
      Sono pure intonatissime le due danze: la pavana e la furlana.


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Pietro Mascagni
di Giannotto Bastianelli
Ricciardi Napoli
1910 pagine 103

   





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