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      Così la Poesia, che non è se non una facoltà naturale, si ridusse ad un'arte». E in tale storia della versificazione avremmo le riprove – che l'Ariosto fu l'unico che avesse avuto una musicalità di verso originale, sebbene ormai ben lontana dalla freschezza del verso trecentesco, predominando anche in lui «l'imitazione dell'imitazione» – e che la retorica trionfò nella massima parte dei nostri poeti «che fiorivano senza frutto; si confondevano coi mediocri; scrivevano gli uni per gli altri e non per l'Italia». Finchè preceduta dai solitari (Leopardi) e dai profeti (Foscolo) non nacque l'arte del Carducci e l'arte in gran parte nuova e schietta dei presenti poeti: nei quali a riprova della rinascita della poesia italiana sta l'originalità assoluta del verso non barocco, non stantio, ma vibrante di nuova spontanea armonia. La stessa storia andrebbe fatta per l'orchestrazione in termini infinitamente più vasti; chè se la musica ha consuetudini e tradizionalità d'espressione in ogni paese, come la poesia, onde si formano singolarità di linguaggio etnico, riconoscibili dagli esperti a colpo sicuro; essa è però, a differenza della poesia, di sua natura più universale, per lo che non potrebbesi fare una storia dell'orchestrazione italiana al modo stesso che la si può fare della versificazione italiana. Senza far qui una traccia storica dell'orchestrazione (nella quale dovrebbe rientrare di necessità la quasi incalcolabile produzione dell'arte corale, nonchè la strumentale dei singoli strumenti che precedette separò accompagnò lo sviluppo della moderna sinfonistica), osserverò come, al punto cui oggi siamo giunti, l'orchestrazione derivi in ogni paese dalle massime correnti orchestrali tedesche del 700-800. Una lunga epoca di preparazione punteggiata per così dire dalle magnifiche conclusioni di Haydn e di Mozart, mette foce nella perfetta arte sinfonica beethoveniana.


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Pietro Mascagni
di Giannotto Bastianelli
Ricciardi Napoli
1910 pagine 103

   





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