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      Come molti compositori moderni, eccettuato lo Strauss despoticamente dominato da WagnerClaude Debussy, natura più latinamente armoniosa, risente l'influenza e wagneriana e schumanniana, questa quasi come reattivo a quella – Pietro Mascagni porta nella sua tecnica sinfonica le traccie della nova rivoluzionaria tradizione wagneriana e della più classica tradizione schumanniana-beethoveniana12. Nonostante che pur su di lui Wagner estenda la sua «cappa di piombo», come è stato giustamente detto, del Wagner egli poteva assimilare timbri, impasti, e ricette d'effetti, ma non poteva per sua natura italianissima, prender ciò che forma l'essenza del wagnerismo, il sistema glottologico dei leitmotive. Onde, come già dicemmo per il simbolismo, per il romanticismo, per il verismo del Mascagni, anche il suo stilistico wagnerismo è «a orecchio» e spesso si riduce una verniciatura che potrebbe esser scrostata senza danno di sulla musica, laddove certo non ne abbia intaccata la vita stessa, riducendola a mero sforzo retorico, come accade per l'Amica. Al contrario era facilissimo al Mascagni rivivere la tradizione classica – d'una orchestrazione cioè di chiara e semplice struttura – tramandata attraverso Haydn Mozart Beethoven Schumann Berlioz Brahms fino al recente Giuseppe Verdi. E infatti non è il Mascagni un figlio somigliantissimo del nostro buon Verdi che nell'Otello e nel Falstaff raggiunge la stessa squisita parsimonia e modernità di mezzi estranei al sistema wagneriano, che si ammira nell'istrumentazione delicatissima dello Schumann?


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Pietro Mascagni
di Giannotto Bastianelli
Ricciardi Napoli
1910 pagine 103

   





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