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      Della sua dottrina artistica e del suo gusto diede un largo saggio colle recensioni sull'Esposizione di belle arti pubblicate nel Pungolo di Milano, l'anno 1881, e in molti articoli illustrativi di cose vecchie e nuove, che egli regalava ai giornali e che non andranno perdute. Benemerito fu anche nel riordinare e nell'illustrare le Armature del Museo Archeologico, e quelle del museo Poldi-Pezzoli. Sempre disposto a far sacrificio della sua persona nei giorni di parata, era invece il più tenace e sempre il primo nei giorni di lavoro; non ebbe, nè dimandò ricompense ufficiali.
      A Limbiate, in mezzo ai contadini, egli si sentiva più libero e più allegro. Quando vedeva una frotta di ragazzi in strada, chiamava a sè il più grande e gli dava qualche soldone perchè comperasse e distribuisse con giudizio una manata di zuccherini. La frotta scalza pigliava la corsa per la piazza come uno stormo di passeri, gridando: Viva el scior Ambroeus!
      Egli correva in casa, ridendo, fregandosi le mani, col suo passino leggiero che non si sentiva, e per quel dì la gioia era con lui e cogli altri.
      Ciò non impediva che il giorno dopo la nostalgia degli spiriti pellegrini sulla terra non rattristasse di nuovo la sua fronte. L'amore, l'arte, un nascosto e doloroso desiderio di gloria, un credere altrove, sempre troppo remota da sé, una felicità che non esiste che in noi, il sentimento esagerato della propria pochezza sociale in contrasto con un non proporzionato concetto della propria individualità solitaria, le continue apprensioni, pur troppo non false, del suo presto finire, tutte queste erano le cagioni che lo facevano comparire ora torbido e rinchiuso, ora sospettoso e incostante,


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Storia di un'anima
di Ambrogio Bazzero
Fratelli Treves Milano
1885 pagine 355

   





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