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      Venni da mia madre, m'inginocchiai e con uno scoppio del mio pianto feci più violento il suo, che s'effondeva invocando Dio.
      Mia madre, mio padre ed io baciammo un'ultima volta la sua fronte tiepida ancora, e il nostro sacrificio era compiuto."
     
      La notizia della sua morte giunse quasi improvvisa agli amici e fa un colpo di fulmine. Povero Bazzero! Ci ritrovammo tutti al tuo funerale, e ci parve che in te morisse la nostra prima giovinezza.
      Ho ancora presente quella bella mattina di agosto. La gente riempiva la strada innanzi alla sua casa. C'erano le rappresentanze della stampa, della Costituzionale, della Congregazione di carità, gli amici della Palestra, della Vita Nuova, dell'Eco dello Sport, i parenti, i poverelli. Pareva che tutti, anche quelli che l'avevano incontrato una volta sola, affettassero un certo orgoglio d'essere al suo funerale, per dimostrare in qualche modo d'appartenergli. Due cose ebbi occasione di osservare nel mezzo della mia commozione: che la morte è una rivelazione; che i buoni sono forti.
      Dal portichetto si entrava nella sala d'armi a terreno, vasto locale dal nero soffitto, dalle finestre acute a piccoli vetri rotondi, pei quali la luce entrava fredda a intirizzirsi sull'acciaio delle armature appese alle pareti. In un angolo un camino con poca cenere, e un vaso funebre sopra; di qua di là cassoni antichi, d'un colore cupo, con sopra elmi, e appoggiati agli spigoli delle vecchie targhe.
      Nel mezzo era il feretro dell'ultimo amico dei cavalieri, fra quattro antiche torcie e molti fiori.


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Storia di un'anima
di Ambrogio Bazzero
Fratelli Treves Milano
1885 pagine 355

   





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