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      ... ma finire! O Natura, per carità, lasciami finire!
      Sull'acqua c'è un fruscìo: se si spazzolasse un drappo serico di mille miglia ci sarebbe l'istesso effetto sulla ghiaia che sorbe l'onda. Il cielo si vela biancamente, e, checchè ne dicano i signori professori, sembra, dove l'occhio nostro lo guarda, scavarsi in abissi profondi e vibrare con milioni d'atomi azzurri, di contorni indecisi, di ghirigori trasparenti. S'accende la luna: mezza luna, scema a destra, sbiadita, oleata.... Per compagna le pende vicino una stella, la punta di un dardo arroventato, che scocca raggi all'innanzi....
      Chi sono io?... Chi sono!... Tutto tace.... Il mare ha coscienza di questa sua poesia? e il cielo?...
      La massa salsa ed amara è la stupida materia: non insulto la luna, le stelle e lo spazio inafferrabile dove neppure i palloni sanno approdare, ma.... Deserto è il mare: deserto è il cielo: deserta l'anima mia. Il navigante ha la sua mappa in quel deserto: l'astronomo la sua tavola nera: la donna nell'anima il suo prospetto della dote, controdote, posto in teatro, e paradiso.
      Deserto solo vi è dove vi è la noia della vita.
     
     
     
      LONTANO LONTANO.
     
      Pax.
     
      Vicino alla spiaggia c'è il fondo basso, e l'acqua non ha colore: è come una vernice che asseconda i guanciali grigi e translucidi di sabbiolina, qua e là segnati dallo strisciare di qualche guscio vivente, qua e là avvivati da qualche scheggia di corallo: nessun'alga. Le fanciulle lavano i ginocchi e le coscie, e ve ne sono di dodici, di quattordici, di diciott'anni.


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Storia di un'anima
di Ambrogio Bazzero
Fratelli Treves Milano
1885 pagine 355

   





Natura