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      Almeno noi ebbimo l'aiuto del vapore; e la locomotiva, sbuffando una negra tempesta mischiata alle faville ed alla polvere, ci tolse in fretta alle immense praterie, alle adacquatrici maestre, ai campi di granoturco, alle filarate di gelsi, e via via.
      A Biella ti s'allarga il cuore: la collina è gaia, la macchia generale del paese viva e svariata, le montagne a sfondo, se sono belle pei pittori, sono bellissime certo e buonissime per due poveri occhi stanchi di tutto, persino dei pince-nez affumicati, per due meschini polmoni, nati proprio per l'aria dell'Alpi. Ma ahimè! bisogna prepararci ad uno strazio! scesi appena dal vagone, una turba di monellacci-vetturini così assedia i viaggiatori, che andarne illesi con tutto l'abito a posto o senza una trafittura nel cervello, è cosa da schizzare un quadretto e recarlo votivamente al Santuario.- Oropa! Oropa! Oropa! - scoppia il grido d'ogni parte, e schioccano le fruste e imbizzarriscono le bestie. Lah! tiriamo innanzi colla carrozza. Biella non saprei giudicarla, così di sfuggita: ha portici, chiese a colonnati classici, vie discrete, ma insomma le muraglie danno sempre l'idea del caldo; riposiamo dunque lo sguardo sulla verzura, l'immensa verzura che, assumendo cento toni, si stende nelle valli, pare si rannicchi nelle gole, s'inazzurra nei lontani sfondi, trionfa sui monti, e finisce alle cime con qualche ciuffetto che stacca sul cielo come una pennellata bizzarra. Le strade abbenchè erte sono bellissime e senza scheggloni, e per lo più ombreggiate, ma con tante e tante svolte sì che le quattro miglia da Biella a Oropa fanno un viaggetto di un paio d'ore.


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Storia di un'anima
di Ambrogio Bazzero
Fratelli Treves Milano
1885 pagine 355

   





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