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      Da Valdagno a Recoaro la strada si fa ripida, i monti giganteggiano, il verde è intenso: tutta la valle si restringe.
      Recoaro (da Recubarium, luogo di riposo, o da Rex aquarum, re delle acque) fino agli ultimi anni del secolo XVII non era che un paesucolo composto di gruppi di casolari qua e là sulle pendici delle Alpi Retiche. Ora è un paesotto; meglio è un solo albergo, un solo caffè, un solo stallo...
     
     
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      Chi sono e dove sono i Recoaresi? Tra questa folla in cento abiti, dalle foggie date dalla nostra Chaillon alle vestaccie affagottate delle alpigiane tirolesi, tra il sonare di otto o dieci lingue e la babele di cento dialetti, fra il va e vieni delle carrozze, il tempestare delle unghie degli asinelli, e gli inviti: paron! paron! paron! io non so dirvi chi sono e dove sono i Recoaresi. La scena è pittoresca; il paese lungo, la via erta, le case affatto moderne e come quelle della riviera ligure, la chiesa piccina e tutta bianca, il campanile grosso, tozzotto, degno d'un proposto capo pieve, una casa col tetto a quattro pioventi, un po' acuminato, la gronda a volticciuole e l'aria di un torracchiotto; in fondo le allee che a zig-zag vanno alle fonti, il santuario di Santa Giuliana raccosciato come tra il verde; a sinistra, quasi sempre incoronata di nubi, la vetta dello Spitz, e giù l'Agno dalle acque saponacee e dal letto sassoso, e a chiudere la scena, aduste, violastre, cornute, le formidabili alpi tirolesi.
      Dello Stabilimento Giorgietti, del piazzale, dei divertimenti e delle cure vi parlerò un'altra volta.


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Storia di un'anima
di Ambrogio Bazzero
Fratelli Treves Milano
1885 pagine 355

   





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