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      Con un movimento spontaneo si dà uno sguardo all'insù; le proporzioni della muraglia, della torre, si allungano sul cielo, e là, in cima, ci pare sia restato qualcosa di noi: qui basso siamo vuoti e melanconici: un che inspiegabile signoreggia tacito intorno a noi, e noi subiamo una pace per gli occhi, per le orecchie, per la bocca, un'aria morta ci involve, entra in noi, esce: ci pare di dormire da lungo tempo, o di svegliarci con altri sensi diversi dai nostri. È una bizzarria questa? A me succede così. Credo animato un arbusto solitario, un mucchio di rovine, un silenzio di crepuscolo: qualcosa requia, ma spiandomi: un che d'ignoto, posandosi lento, incombe e incomberà su di me. È una stramberia, temo l'oblìo... Sapete? certi sogni senza senso comune si possono dire in poesia: in prosa bisogna rendersi conto d'ogni contorno che ha la parola, e toccare liscio se non si vuole errare e buscarsi, un'orecchiata dai professori! - C'è la pace, ecco tutto: una pace antica, un silenzio, un'immobilità, un mistero.
      Le cellette mortuarie di stile gotico c'invitano colle loro linee severe, colle reliquie degli affreschi, coi frammenti delle epigrafi. Vediamo! Ognuna di esse racchiudeva il monumento di qualche cospicua famiglia: dove giaceva il pesante avello, a due versanti, coi quattro orecchioni, o dove si levavano sulla groppa dei lioni le colonnine torte a reggere l'arche coi tabernacoletti gotici, ai dì nostri cresce la mal'erba, fra i tritumi e i calcinacci: le muraglie hanno le tracce dell'ugna del tempo: gli archivolti non portano più le nere cortine di morte, ma si lasciano addobbare dalle ragnatele.


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Storia di un'anima
di Ambrogio Bazzero
Fratelli Treves Milano
1885 pagine 355

   





Credo