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      Sģ, sģ, era il mio bambino bello, anche quando su un occhio aveva una gran toppa di carta turchina odorante di aceto; o quando gustava la boccuccia impacciucchiata di vinaccioli e di mocci; o quando colle manine, impudicissimo, si teneva un piedino grasso, come un tomboletto, sgranandone le dita, come coccole di burro.... Era la mia Madonna santa, lei che piangeva da medichessa, lei che smoccolava quel nasino, lei che toglieva il pannicello per vederlo tutto nudo, il suo ometto peccatore!... E sul mio presepio gli angioli del cielo non scendevano coll'ali a porre la bindella spiegazzata col pax hominibus bonę voluntatis; ma nemmanco i notai della terra erano venuti coi parrucconi ad aprire i volumacci delle ipoteche: ed era piccino, ed era disadorno, ed era soffogato dai ciliegi e dai mandorli; ma un bisnonno l'aveva chiamato Palazzetto del ritiro, un nonno vi aveva messo i mobili del Maggiolino, e il mio babbo aveva piantalo per me quegli alberi che s'erano fatti grossi pel mio bimbo.
      Desideravamo l'autunno, la stagione pił cara, pił intima, pił dolce per la nostra lunga contemplazione amorosa. Era forse una foglia, la prima che si staccava dal ramo, che ci diceva quanto noi potevamo essere felici? Desideravamo i crepuscoli rosei, colla mitica stella di Lucifero, colla sottile falce della luna, coi cirri spolverizzati d'oro: e quando voi, o colombi, stendevate il volo su quel terrazzo fiorito, lą dove, infelicissima e peccatrice, bisbigliava quella dama infeconda con quel cavaliere, pił volte babbo: e voi, passeri pendenti ad un ciuffo di parietaria, dal rosone della facciata spiavate gił nella chiesa tutta calda di lumi i poverelli, famelici fra le nidiate dei bimbi che cantavano le lodi ambrosiane del Signore: e a voi, rampichini muraiuoli, intricati nei garofani delle finestrette, giungeva il guaiolare degli orfanelli dell'Ospedale: e a voi, reatini, salticchianti sulle rose innanzi le croci cadute, taceva sempre impassibile il silenzio di chi nella fossa dei vermi aveva sognato il bel paradiso d'oro: - noi, piegati su una culla candidissima, rattenendo il respiro, come l'unica necessitą che accusasse la nostra vita del corpo, noi ci sentivamo purissimamente degni di compiacerci per gli occhi gił fino in fondo dell'anima, ove stava il segreto religioso della nostra giovinezza: noi, affaccendati innanzi ad una seggiolina, versando il latte butirroso in una scodella, ci dicevamo tanto ricchi e pasciuti che avremmo dato tutti i nostri pani a tutti i poverelli e le briciole del nostro bambino a tutti gli uccellini: noi, inginocchiati nel portichetto dei nonni, udendo le leziose impazienze di quella boccuccia che, tartagliando i nostri nomi, pareva comandasse al destino di non dividerli mai, su tutta la terra, credevamo ad un Dio che apparisse nei sogni agli innocenti e nei sorrisi agli amorosi: noi, semi-addormentati allo spegnersi dell'ultime luci del giorno, compiangendo tutti i libri luciferini che indagavano il nulla eterno, l'avevamo dinnanzi la nostra vita, tanto sicura e tanto in pace!


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Storia di un'anima
di Ambrogio Bazzero
Fratelli Treves Milano
1885 pagine 355

   





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