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      Portava desso colla sinistra mano il suo lungo e grosso moschetto, e teneva libera la destra per farne puntello, all'occorrenza, a que' due che il precedevano: aveva la parte superiore della persona involta in una grossolana schiavina, sotto cui apparivano infissi in una rossa cintura, che il serrava al petto, due stili con impugnatura di ferro; pendevagli dal collo appeso ad una catenella il corno d'ottone ricurvo; i suoi capelli stavano raccolti in una fitta rete di corda, ad ogni maglia della quale andava inserta una stelletta d'acciaio che formavagli una specie di celata(2) che si poteva agevolmente ricoprire col cappuccio della schiavina, o con altro berretto.
      La persona in abito nero, che veniva innanzi agli altri, veduta Rina, sostò un istante a riprender fiato, ed alzando la faccia, con voce rauca ed affannata per la salita, esclamò: "Siano grazie a Santa Maria della Scala, che v'ha inviata col lume, brava figliuola, altrimenti in questa notte indiavolata per me era finita; non mi sarei mai più recato a salvamento". E proseguì tra sè e sè arrampicandosi di nuovo. "Uscire dalle unghie de' soldati, e dal lago in tempesta, per cacciarsi all'oscuro su questi sassi dritti come muraglie, per chi non ha mai fatto in vita sua il mestiere di scalare le fortezze e le case, è proprio un cadere dalla padella nelle bragie: e v'ha per di più un maladetto fracasso come di voragine vicina a cui andiamo appressandosi, nella quale mi pare di dover cadere da un momento all'altro. Chi sa che razza di paesi son questi!


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Falco della rupe o la guerra di musso
di Giambattista Bazzoni
Ant. Fort. Stella e figli
1829 pagine 359

   





Rina Santa Maria Scala