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      Dell'esecuzione di tal divisamento, ch'egli fermò tosto in pensiero, ben comprendeva doverne dare contezza al signor Gian Giacomo, senza la cui concessione, un uomo qual egli si era, non avrebbe potuto trovar mai chi quivi l'accogliesse; si fece quindi a tenerne parola a Gabriele, sulla cui cooperazione faceva fondamento, appoggiato a quanto aveva in suo favore operato.
      Si vede, signor Gabriele, gli disse, che questo è il paese dove si battono gli scudi e i cavallotti(4), e che qui tutti ne hanno a ribocco: ogni giorno par dì di fiera, tanta è la gente che vi viene a trafficare: i ricchi signori lasciano le altre terre per starsi in questa, sì che a guardarsi dintorno sembra un bosco di case; se Musso va aggrandendosi di tal passo, diventerà tra poco qualche gran città da farne invidia a Como. Qual differenza tra questi bei fabbricati e il mio povero casolare che sta solitario sulla montagna come il nido di un uccello selvatico. Voi il vedeste, e lo potete dire. Ma pure sappiate ch'io non avrei mai avuto desiderio di cangiare quel mio coviglio con alcune di queste abitazioni, e nemmeno col castello d'un re, se non fosse un sospetto che m'è entrato in cuore, che un giorno o l'altro i camicioni rossi(5) abbiano a montare la sù, e cogliendovi le mie donne alla sprovvista, trattarle col vitupero con cui adoperano que' cani scellerati contro chiunque dà loro nelle mani. Oh! se s'attentassero salire la montagna quand'io mi stessi sotto il mio tetto! Ne li sentirei venire se avessero il piede di volpe, e appostandoli col mio moschetto, ne manderei più d'uno a rotoloni giù per gli scogli come tronchi di quercie spaccate.


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Falco della rupe o la guerra di musso
di Giambattista Bazzoni
Ant. Fort. Stella e figli
1829 pagine 359

   





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