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      Il fresco soffio del Tivano agitava la nera capigliatura che in folte ciocche usciva a Falco dalla rete d'acciaio; sui suoi vigorosi lineamenti stava l'espressione d'una fiera compiacenza per vedersi con que' suoi fidi e valenti seguaci avviato ad assumere il comando di grossa formidabile nave da guerra e d'una squadra regolarmente ordinata alla milizia. I suoi pensieri non spiravano che combattimenti, gloria, vendetta: una pugna contro i Ducali era certa, l'angosciava solo il dubbio che si dovesse frapporre lungo indugio ancora a disporla. Di tal dubbio si fece a parlare calorosamente a que' suoi, e Negretto il Tornasco, il più giovane ed il più astuto che vi fosse tra loro, il quale aveva avuta soventi volte l'audacia di recarsi nei luoghi tenuti dai Ducali, e persino in Como, e d'ivi frammischiarsi con essi, lo accertò che impossibile si era si tardasse a lungo a dare una battaglia, poichè già da varii giorni i vassalli del Duca venivano incessantemente vessati onde fornissero tutto quanto era necessario ad assestare le barche da guerra ed a far gozzovigliare i soldati, il che ei sapeva per averlo udito e veduto nei sobborghi di Como, dove aveva dato mano a varii barcaiuoli ad appianare coi remi le cuciture ad un commissario delle gabelle che voleva asportare ad uno di loro la vela e gli attrezzi che teneva nel battello. A questi detti, che rallegrarono sommamente Falco, passò poco d'ora che s'aggiunsero tali novelle che sgombrarono ogni ombra di dubbio dal suo spirito.
      Superata ch'ebbe la sua barca la punta di Bellaggio, ne apparve un'altra, che venendo dal ramo di Lecco prendeva la stessa loro direzione.


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Falco della rupe o la guerra di musso
di Giambattista Bazzoni
Ant. Fort. Stella e figli
1829 pagine 359

   





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