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      Tra le grosse navi la sola che stavasi in mezzo al Porto si era il Brigantino, le altre sette, che s'avevano sembianza di vascelli del mare, erano state condotte al di fuori onde non ne stipassero colla loro mole l'interno, impedendo il libero transitare delle navicelle che recavano ad esse gli oggetti d'armamento. Tutte portavano un grand'albero per le vele, s'avevano banchi laterali per i rematori, erano munite di áncora, e sebbene racchiudessero un ponte solo per le artiglierie, portavano otto cannoni da quaranta libbre di palla, che gl'imperfetti metodi delle fusioni di que' tempi, rendevano di peso maggiore di quelli che attualmente hanno un calibro da sessanta.
      Ognuna di queste navi aveva allora in faccende tutta la propria ciurma per il caricamento: una parte di questa cogli argani e le gomene era occupata a tirarsi dentro armi, casse, munizioni, levandole dalle zattere e dai battelli che mano mano venivano inviati dal Porto; altri affaticavano a riporle nelle batterie, sui carretti e calarle nella sentina, e i più destri finalmente arrampicati sull'albero e per le antenne, rannodavano le corde, le faceano scorrere per le puleggie, ravvolgevano le vele e disponevano in somma tutto quanto indispensabile riesce al governo spedito e sicuro d'un pesante navilio.
      Venivano pure collocate bombarde e colubrine sulle Borbote e sulle Piatte, che erano barche di mezzana dimensione, ma assai basse e quasi a fior d'onda: le scorribiesse, le lancie, i navicelli non importavano lavoro di sorta, poichè non erano destinati che a contenere drappelli di schioppettieri, e di un corpo d'armati creato dal Medici, terribile specialmente nelle guerre sui legni, che si era di guastatori ed incendiarii.


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Falco della rupe o la guerra di musso
di Giambattista Bazzoni
Ant. Fort. Stella e figli
1829 pagine 359

   





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