Pagina (310/359)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

     
      Gabriele era da poco rientrato nel Castello quando fu a tutti significato il comando della partenza. Tale notizia fu per lui come un colpo di fulmine, un gravissimo turbamento lo assalì, e quasi non potendo persuadersene, corse alle camere del fratello, dalla cui bocca ne ebbe la conferma: si ritrasse allora nella propria stanza di riposo, e dopo essere stato seduto alcun tempo facendo molte amare riflessioni, si diede a pulire le proprie armi e porle in assetto per vestirle il mattino: ma l'elmo, la spada, la corazza che prendeva a vicenda Ira mano, lungi dal risvegliare in lui lo spirito guerresco, gli aumentavano in seno la mestizia e il terrore. Mille tristi presentimenti gli ingombrarono il pensiero: gli si affacciò alla mente quella vecchia donna apparsa in aspetto spaventoso nella caverna del Tivano, e le di lei parole gli risuonarono all'orecchio in tuono magico, funesto: sentiva che le maledizioni scagliate da quell'essere infernale contro Falco e la sua casa involgevano esso pure, che era congiunto col cuore sì strettamente a quella famiglia. Andava crescendo a tali idee il suo tremore, e gli si fece insopportabile l'angoscia di doversi allontanare da Rina, sebbene ciò non fosse che per breve spazio di tempo. Stanco, affannato, appese le ripulite armi presso il capezzale e si sdraiò: il sonno assopì ben tosto profondamente tutte le sue cure. Un fragore lungo indistinto lo risvegliò; levossi esagitato: era il vento che fischiava furioso contro le torri e le mura del Castello.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Falco della rupe o la guerra di musso
di Giambattista Bazzoni
Ant. Fort. Stella e figli
1829 pagine 359

   





Castello Ira Tivano Falco Rina Castello