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      Nessun uomo ha fatto il dono gratuito di parte della propria libertà in vista del ben pubblico: questa chimera non esiste, che nei Romanzi; se fosse possibile, ciascuno di noi vorrebbe, che i patti, che legano gli altri, non ci legassero; ogni uomo si fa centro di tutte le combinazioni del Globo. Fu dunque la necessità, che costrinse gli uomini a cedere parte della propria libertà: egli è adunque certo, che ciascuno non ne vuol mettere nel pubblico Deposito, che la minima porzion possibile, quella sola, che basti a indurre gli altri a difenderlo. L'aggregato di queste minime porzioni possibili forma il diritto di punire; tutto il di più è abuso e non giustizia; è Fatto, ma non già Diritto. Osservate, che la parola Diritto non è contradittoria alla parola Forza; ma la prima [pag. 8] è piuttosto una modificazione della seconda, cioè la modificazione più utile al maggior numero. E per Giustizia io non intendo altro, che il vincolo necessario per tenere uniti gl'interessi particolari, che senz'esso si scioglierebbono nell'antico stato d'insociabilità; tutte le pene, che oltrepassano la necessità di conservare questo vincolo sono ingiuste di lor natura. Bisogna guardarsi di non attaccare a questa parola Giustizia l'idea di qualche cosa di reale, come di una forza fisica, o di un essere esistente; ella è una semplice maniera di concepire degli uomini, maniera, che influisce infinitamente sulla felicità di ciascuno: nemmeno intendo quell'altra sorta di Giustizia, che è emanata da Dio, e che ha i suoi immediati rapporti colle pene e ricompense della vita avvenire.


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Dei delitti e delle pene
di Cesare Beccaria
1764 pagine 84

   





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