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      Dunque vi deve essere una proporzione fra i delitti, e le pene.
      [pag. 16] È impossibile di prevenire tutti i disordini nell'universal combattimento delle passioni umane. Essi crescono in ragione composta della popolazione, e dell'incrocicchiamento degl'interessi particolari, che non è possibile dirigere geometricamente alla pubblica utilità. All'esattezza matematica bisogna sostituire nell'Aritmetica Politica il calcolo delle probabilità. Si aprano le storie, e si vedranno crescere i disordini coi confini degl'Imperj: dunque bisogna frenare con maggiori pene quei disordini, che più disturbano il ben pubblico, con minori i meno importanti.
      Quella forza simile alla gravità, che ci spinge al nostro ben essere, non si trattiene, che a misura degli ostacoli, che gli sono opposti. Gli effetti di questa forza sono la confusa serie delle azioni umane: se queste si urtano scambievolmente, e si offendono, le pene, che io chiamerei ostacoli politici, ne impediscono il cattivo effetto senza distruggere la causa impellente, che è la sensibilità medesima inseparabile dall'uomo, e il legislatore fa come l'abile Architetto di cui l'officio è di opporsi alle direzioni rovinose della Gravità, e di far conspirare quelle, che contribuiscono alla forza dell'edificio.
      Data la necessità della riunione degli uomini, dati i patti, che necessariamente risultano dalla opposizione medesima degl'interessi [pag. 17] privati trovasi una scala di disordini, dei quali il primo grado consiste in quelli, che distruggono immediatamente la Società, e l'ultimo nella minima ingiustizia possibile fatta ai privati membri di essa.


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Dei delitti e delle pene
di Cesare Beccaria
1764 pagine 84

   





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