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      42] di due uomini ugualmente innocenti, o ugualmente rei, il robusto ed il coraggioso sarà assolto, il fiacco, ed il timido condannato, in vigore di questo esatto raziocinio: Io Giudice doveva trovarvi rei di un tal delitto; tu vigoroso hai saputo resistere al dolore, e però ti assolvo; Tu debole vi hai ceduto, e però ti condanno. Sento, che la confessione strappatavi fra i tormenti non avrebbe alcuna forza; ma io vi tormenterò di nuovo, se non confermerete ciò che avete confessato.
      L'ultima, e strana conseguenza, che necessariamente deriva dall'uso della Tortura è, che l'innocente è posto in peggiore condizione, che il reo; perchè se ambidue sieno applicati al tormento, il primo ha tutte le combinazioni contrarie; perchè o confessa il delitto, ed è condannato, o è dichiarato innocente, ed ha sofferto una pena indebita; ma il reo ha un caso favorevole per sè, cioè quando, resistendo alla Tortura con fermezza, deve essere assoluto come innocente; ha cambiato una pena maggiore in una minore. Dunque l'innocente non può che perdere, e il colpevole può guadagnare.
      La Legge, che comanda la tortura è una Legge, che dice: Uomini, resistete al dolore, e se la natura ha creato in voi uno inestinguibile amor proprio, se vi ha dato un inalienabile diritto [pag. 43] alla vostra difesa, io creo in voi un affetto tutto contrario, cioè un eroico odio di voi stessi, e vi comando di accusare voi medesimi, dicendo la verità anche fra gli strappamenti dei muscoli, e gli slogamenti delle ossa.
      Finalmente la Tortura è data ad un accusato per discuoprire i complici del suo delitto; ma se è dimostrato, che ella non è un mezzo opportuno per iscuoprire la verità, come potrà ella servire a svelare i complici, che è una delle verità da scoprirsi?


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Dei delitti e delle pene
di Cesare Beccaria
1764 pagine 84

   





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