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      I primi debbono infallibilmente esser puniti con pene corporali: nè il grande, nè il ricco debbono poter mettere a prezzo gli attentati contro il debole ed il povero; altrimenti le ricchezze, che sotto la tutela delle Leggi sono il premio dell'industria, diventano l'alimento della tirannia. Non vi è libertà ogni qual volta le Leggi permettono, che in alcuni eventi l'uomo cessi di esser persona, e diventi cosa: vedrete allora l'industria del potente tutta rivolta a far sortire dalla folla delle combinazioni civili quelle, che la Legge gli dà in suo favore. Questa scoperta è il magico segreto, che cangia i Cittadini in animali di servigio, che in mano del forte è la catena con cui lega le azioni degl'incauti, e dei deboli. Questa è la ragione per cui in alcuni Governi, che hanno tutta l'apparenza di libertà, la tirannia sta nascosta, o s'introduce non prevista in qualche angolo negletto dal legislatore, in cui insensibilmente prende forza, e s'ingrandisce. Gli uomini mettono per lo più gli argini più sodi all'aperta tirannia, ma non veggono l'insetto impercettibile, che gli rode, ed apre una tanto più sicura, [pag. 49] quanto più occulta strada al fiume inondatore.
      FurtiI furti, che non hanno unito violenza dovrebbero esser puniti con pena pecuniaria. Chi cerca d'arricchirsi dell'altrui, dev'esser impoverito del proprio. Ma come questo non è per l'ordinario, che il delitto della miseria, e della disperazione, il delitto di quella infelice parte di uomini, a cui il diritto di proprietà (terribile, ma forse necessario diritto) non ha lasciato, che una nuda esistenza, la pena di supplemento sarà quell'unica sorte di schiavitù, che si possa chiamar giusta, cioè la schiavitù per un tempo delle opere, e della persona alla comune società, per risarcirla colla propria, e perfetta dipendenza, dell'ingiusto dispotismo usurpato sul patto sociale.


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Dei delitti e delle pene
di Cesare Beccaria
1764 pagine 84

   





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