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      Quando la sperienza di tutt'i secoli, nei quali l'ultimo supplicio non ha mai distolti gli [pag. 63] uomini determinati dall'offendere la Società, quando l'esempio dei Cittadini Romani, e vent'anni di Regno dell'imperatrice Elisabetta di Moscovia, nei quali diede ai Padri dei Popoli quest'illustre esempio, che equivale almeno a molte conquiste comprate col sangue dei figli della Patria, non persuadessero gli uomini, a cui il linguaggio della ragione è sempre sospetto, ed efficace quello dell'autorità; basta consultare la natura dell'uomo per sentire la verità della mia asserzione.
      Non è l'intensione della pena, che fa il maggior effetto sull'animo umano, ma l'estensione di essa; perchè la nostra sensibilità è più facilmente, e stabilmente mossa da minime, ma replicate impressioni, che da un forte, ma passeggiero movimento. L'impero dell'abitudine è universale sopra ogni essere che sente, e come l'uomo parla, e cammina, e procacciasi i suoi bisogni col di lei ajuto, così l'idee morali non si stampano nella mente, che per durevoli ed iterate percosse. Non è il terribile ma passaggiero spettacolo della Morte di uno scellerato, ma il lungo e stentato esempio di un uomo privo di libertà, che, divenuto bestia di servigio, ricompensa colle sue fatiche quella Società, che ha offesa, che è il freno più forte contro i delitti. Quell'efficace, perchè spessissimo ripetuto ritorno sopra di noi medesimi, [pag. 64] io stesso sarò ridotto a così lunga, e misera condizione se commetterò simili misfatti, è assai più possente, che non l'idea della Morte, che gli uomini veggon sempre in una oscura lontananza.


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Dei delitti e delle pene
di Cesare Beccaria
1764 pagine 84

   





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