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      La pena di Morte fa un'impressione, che colla sua forza non supplisce alla pronta dimenticanza naturale all'uomo, anche nelle cose più essenziali, ed accelerata dalle passioni. Regola generale: Le passioni violenti sorprendono gli uomini, ma non per lungo tempo, e però sono atte a fare quelle rivoluzioni, che di uomini comuni ne fanno o dei Persiani, o dei Lacedemoni; ma in un libero, e tranquillo Governo le impressioni debbono essere più frequenti, che forti.
      La pena di Morte diviene uno spettacolo per la maggior parte, e un oggetto di compassione mista di sdegno per alcuni; ambidue questi sentimenti occupano più l'animo degli spettatori, che non il salutare terrore, che la Legge pretende inspirare. Ma nelle pene moderate, e continue il sentimento dominante è l'ultimo, perchè è il solo. Avviene nel primo caso ciò che succede in un dramma; torna l'avaro al suo scrigno; torna il Tiranno a far piangere la vedova, e l'orfano.
      Ecco presso a poco il ragionamento, che fa un ladro o un assassino, i quali non hanno [pag. 65] altro contrappeso per non violare le Leggi, che la Forca o la Ruota. So, che lo sviluppare i sentimenti del proprio animo è un'arte, che s'apprende colla educazione; ma perchè un Ladro non renderebbe bene i suoi principj, non per ciò essi agiscon meno. Quali sono queste Leggi ch'io devo rispettare, che lasciano un così grande intervallo tra me e il ricco? Egli mi nega un soldo, che gli cerco, e si scusa col comandarmi un travaglio, che non conosce. Chi ha fatte queste Leggi?


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Dei delitti e delle pene
di Cesare Beccaria
1764 pagine 84

   





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