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      La pena di perdere, e la merce bandita, e la roba, che l'accompagna è giustissima; ma sarà tanto più efficace quanto più piccola sarà la gabella, perchè gli uomini non rischiano, che a proporzione del vantaggio, che l'esito felice dell'impresa produrrebbe.
      Ma perchè mai questo delitto non cagiona infamia al di lui autore, essendo un furto fatto al Principe, e per conseguenza alla Nazione medesima? Rispondo, che le offese, che gli uomini credono non poter essere loro fatte, non l'interessano tanto, che basti a produrre la pubblica indegnazione contro di chi le commette. Tale è il Contrabbando. Gli uomini su i quali le conseguenze rimote fanno debolissime impressioni, non veggono il danno, che può loro [pag. 88] accadere per il Contrabbando; anzi sovente ne godono i vantaggi presenti. Essi non vedono, che il danno fatto al Principe; non sono dunque interessati a privare dei loro suffragj chi fa un Contrabbando, quanto lo sono contro chi commette un furto privato, contro chi falsifica il carattere, ed altri mali, che posson loro accadere. Principio evidente, che ogni essere sensibile non s'interessa, che per i mali, che conosce.
      Ma dovrassi lasciare impunito un tal delitto contro chi non ha roba da perdere? No: vi sono dei Contrabbandi, che interessano talmente la natura del Tributo, parte così essenziale, e così difficile in una buona Legislazione, che un tal delitto merita una pena considerabile fino alla prigione medesima, fino alla servitù; ma prigione, e servitù conforme alla natura del delitto medesimo.


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Dei delitti e delle pene
di Cesare Beccaria
1764 pagine 84

   





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