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      Vedendo il Governo Provvisorio a sì male finanze, dimandava ognuno come la Lombardia, che aveva sino allora mantenuta un'armata austriaca, forte alle volte di 80 mila uomini, e che male amministrata come era, mandava ogni anno non meno di 40 milioni all'Austria, non potesse ora bastare a sè stessa - libera da straniera soldatesca, dall'annuale tributo esonerata. Ciò si potea in due differenti modi spiegare. L'armata piemontese era subentrata alla austriaca. Il suo mantenimento, stipulato dal Piemonte d'accordo col governo provvisorio, aggravava la Lombardia della somma di tre milioni di lire al mese.
      D'altra parte il governo provvisorio per menar vanto di sua filantropia aveva diminuito il prezzo del sale, e soppressa l'imposta personale, e del lotto, senza pensare a sostituirvene un'altra. Queste misure in stato di pace eccellenti - in guerra fatali quando mancava il danaro, strane riuscivano. Volevano pur dire al contadino, che il nuovo governo men dura gli avrebbe resa la vita.
      Era come un obbligo che s'incontrava: obbligo impossibile a mantenersi nella terribile crisi del momento, di faccia alla tremenda catastrofe che s'avvicinava. E per vero il proclama della diminuzione del prezzo del sale e dell'abolizione del testatico non portò gioia al povero; ma speranza. Egli vi cercò meno un istantaneo vantaggio, che un'arra di progressivo miglioramento di sua triste condizione. Così quando, anzichè il benessere sperato, arrivare vide la guerra - e privarlo del figlio, e per la ruina del commercio le sue risorse fallire, e le forzose economie del ricco torgli il guadagno - sospirò lo infelice: pensando alle illusioni svanite, il leggero beneficio ricevuto dimenticò. Lo si era indotto a sognare felicità, quando non si aveva che a dimandargli sacrifici sempre novelli.


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L'Italia e la rivoluzione italiana
di Cristina di Belgioioso
Remo Sandron
1904 pagine 169

   





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