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      Vediamo ora quanto accadeva in Milano.
     
      II.
     
      Speravo, al mio arrivo, avrei trovata la quistione sulla forma di governo alla Lombardia più adatto, di già avanzata: ebbi a meravigliarmi non poco del silenzio che imposto si era il partito costituzionale. I capi ne interrogai, perchè non si dirigessero al popolo con dei discorsi, perchè la casta educata con gli scritti non si interpellasse. Mi si rispose, che la non saria prudenza: per essere il partito repubblicano più numeroso, dovevano i costituzionali viver nel segreto, come quasi non esistessero, onde non far la loro debolezza palese. A chi così mi parlava feci conoscere, non esser quello il modo di far risorgere una causa avvilita. Non ebbi ascolto: non perdei coraggio. Decisi tentare sola quanto i troppo timidi costituzionali impossibile credevano.
      L'esperienza mi aveva, appreso, che un'idea giusta sempre guadagna se d'ogni mezzo di pubblicità, sappia prevalersi. Ebbi compagno qualche amico: ci sforzammo accreditare delle verità, che il nostro paese aveva interesse a conoscere. Dicevamo nostro primo bisogno una armata capace di resistere non solo, ma di cacciare l'austriaco: una tale armata averla il Piemonte: necessaria la nostra unione con quel paese, lo spirito della nazione Piemontese per esser eminentemente monarchico, non potersi ottenere questa unione, che adottando una forma di governo monarchico costituzionale. Dopo due o tre settimane di discussioni verbali pubblicammo un giornale, Il Crociato: fu questo l'organo della lega costituzionale.


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L'Italia e la rivoluzione italiana
di Cristina di Belgioioso
Remo Sandron
1904 pagine 169

   





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