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      Quei repubblicani, che pazientemente tollerato avrieno il re Carlo Alberto, purchè quello fosse l'indubbio volere della nazione: coloro, che anche senza il Piemonte di vincere fidavano, erano d'avvisa di non far calcolo dei lagni dei piemontesi: nulla cangiare, anzi ferma tener si dovesse la prima dichiarazione del re al principiar della guerra accettata. Coloro, che nelle relazioni del campo, solo l'espressione sincera dei sentiti sentimenti dei piemontesi vedevano, e che senza il Piemonte impossibile riteneano la vittoria - rimproveravano i repubblicani: di preferire alla salute della patria il trionfo del loro partito, e di voler ritardare l'unione, nella speranza sola d'impedirla poscia, gli accusavano. Tali rimproveri tutto giorno scambiati, lo spirito aumentavano, della discordia. Spaventata dal rapido progresso di tanto pericolosa irritazione degli animi, proposi al governo provvisorio, s'aprissero in ogni parrocchia dei registri, dove fosse chiamato ogni cittadino a dichiarare: 1° qual forma di governo scegliesse; 2° se una tal forma di governo subito introdotta volesse, oppure s'avesse ad attendere il fine della guerra. Gioberti aveva fatto, si dice, al medesimo tempo la stessa proposizione, salvo qualche modificazione, che s'adottò: quale fosse vedremo.
      Per ordine del governo si aprirono in ogni parrocchia, dei registri. Alla sinistra dovevano inscriversi i nomi di quei cittadini, che attender volevano il fine della guerra per darsi a Carlo Alberto: alla diritta, chi desiderava la immediata fusione col Piemonte il suo nome scriveva.


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L'Italia e la rivoluzione italiana
di Cristina di Belgioioso
Remo Sandron
1904 pagine 169

   





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