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      Corse poco tempo dalla fusione (mi servo sempre della parola consacrata) della Lombardia, a quella della Venezia. Lo stesso cerimoniale si usò per questa: fatti di tanta importanza altro effetto non sortirono, che la formazione di un nuovo ministero, dove nuove e vecchie provincie avevano i loro rappresentanti. Casati e Collegno per la Lombardia, Pareto per Genova, Gioia per Parma, Venezia Paleocapa vi aveva. Quest'ultima città, se aveva voluto dei rinforzi di truppa regolari, dei quali abbisognava, aveva dovuto accettare la fusione: 3 mila uomini del Piemonte, ed 800 mila franchi ebbe Venezia. La speranza di vedersi una volta liberi da quel governo provvisorio aveva indotto i milanesi ad unirsi al Piemonte: andò lungo tempo ancora pria che tal desiderio soddisfatto venisse: rimase al potere, chi sin'allora ne aveva sì malamente usato. Tosto accettata la fusione, trovossi il popolo aggravato di tutte quelle gravezze, di che si minacciava, se avesse voluto resistere alle giuste (si dicevano) istanze del Piemonte e l'armamento non progredì più presto.
      Gli ultimi atti di quel governo provvisorio provano, quanto egli stesso sentisse esser fiacco, ed impotente. E quanto al popolo milanese lo si vorrà forse responsabile di tutti i disastri, che sì rapidamente l'un l'altro s'avvicendarono? È poi ben vero, che quel governo era attorniato soltanto da inconciliabili partiti? Questo noi dobbiamo esaminare.
      Non incresceva al popolo il modo di pensare di quel provvisorio governo: ma la sua lentezza inconcepibile lo irritava e le tendenze austriache di sua politica gli meritavano giusti rimprocci.


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L'Italia e la rivoluzione italiana
di Cristina di Belgioioso
Remo Sandron
1904 pagine 169

   





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